Winston
Churchill aveva addosso un'ancora, Theodore e Franklin Delano
Roosevelt - rispettivamente ventiseiesimo e trentaduesimo presidente
degli Stati Uniti d'America - lo stemma di famiglia, mentre l'ultimo
zar di tutte le Russie Nicola II, affascinato dalla cultura
orientale, preferì un drago ed Elena
di Savoia, moglie di Vittorio Emanuele III, una vezzosa farfalletta.
Sto parlando di tatuaggi, oggi di gran moda, ma che un tempo
in Europa solo pochi coraggiosi come i personaggi citati si facevano
incidere chi sulle braccia o sul torace, chi sulle mani o sulla
gamba. L'abitudine di decorare il corpo con incisioni e cicatrici di
ogni genere risale alla preistoria: il più antico individuo tatuato
di nostra conoscenza è Otzi, un uomo di mezza età ritrovato nel
1991 sulle Alpi Venoste, ai piedi del ghiacciaio del Similaun, che ha
61 tra punti, linee crocette tatuati in corrispondenza di
infiammazioni artritiche. Molto più recente è la mummia di Amunet,
sacerdotessa della dea Hathor che ha una serie di puntini incisi sul
basso ventre, che secondo alcuni studiosi sarebbero collegati alla
fertilità o alla sessualità.
In
un divertente libro del 1975: “Il corpo incompiuto. Psicopatologia
dell'abbigliamento”, l'architetto, storico e scrittore austriaco
Bernard Rudofsky, si chiede cosa può spingere l'essere umano a non
accontentarsi della sua nudità (anche quando il clima lo
permetterebbe) ma a dipingersi, incidersi, deformare il corpo con
busti, tacchi alti, crinoline, acconciature e molte altre stravaganti
sovrapposizioni. Forse ci mancano i piumaggi colorati degli uccelli o
le belle pellicce maculate e striate dei mammiferi? La sociologia e
psicologia odierne forniscono varie risposte. Qui mi occuperò solo
del campo relativo al tatuaggio, un sistema a volte molto doloroso
per decorarsi e al tempo stesso comunicare i propri desideri e
propositi, le idee, le paure, l'appartenenza culturale o lo stato
sociale. I segni sul corpo infatti sono un messaggio che diamo al
gruppo che ci circonda, e avevano un particolare significato per
quelle che ci ostiniamo a chiamare “popolazioni primitive”. Gli
antropologi distinguono tra tatuaggi estetici, solitamente per
nascondere rughe o difetti della pelle; tatuaggi portafortuna o
superstiziosi, per difendersi dal malocchio o tener lontani gli
spiriti maligni; d'onore, come lo sfoggiare il numero dei nemici
vinti in battaglia; di possesso, eseguiti non solo sugli schiavi e il
bestiame ma anche sulle mogli; religiosi come quelli dei cristiani
copti che si marchiano tuttora una croce sulla fronte; di ricordo, in
memoria di un caro estinto. Molto spesso le fasi importanti della
vita di un individuo erano accompagnate da una cerimonia religiosa,
in cui veniva sottoposto alla dolorosa iniziazione del tatuaggio per
accedere a una nuova fase della vita sociale o sessuale. Sì, perché,
prima dell'invenzione del benemerito ago elettrico farsi incidere la
pelle non era uno scherzo: si utilizzavano – ovviamente senza
anestesia - stampi, aghi, ossa o conchiglie appuntite e martelletti
per far penetrare il colore sotto pelle. Presso le isole Samoa la
cerimonia del tatuaggio maschile era una prova di coraggio per
entrare nell'età adulta senza la quale un giovane non poteva
sposarsi né tanto meno rivolgersi agli anziani, ma era considerato
un paria a cui affidare solo compiti degradanti. L'operazione durava
cinque giorni: la parte tatuata andava dal giro vita
alle ginocchia, genitali compresi, e a volte qualcuno poteva anche
lasciarci le penne.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg01lmuOZ52SjvSQvFsegyUcCNAO87q0BevEApLnJ194PCEgQwodMcD4245hW1uubs8eNYZvOKdsbQFFkQN6Fpqf2MYukLGxibD92LEck661lOqfQKp2kKRDnn2i0PtoDACZpJQFThDgWU/s320/3_Tatuaggi+lauretani.jpg)
Nonostante le autorità ostili i
contrassegni corporei rimasero presenti nella cultura europea se pur
con alti e bassi. Non solo i pellegrini si tatuavano, ma ci sono
testimonianze che dal XVI secolo gli artigiani europei si imprimevano
i simboli del loro mestiere - il cosiddetto “Marchio di Caino” -
perché si credeva che il figlio fratricida di Adamo avesse
intrapreso una professione manuale. Né sparirono i tatuaggi
religiosi: in Italia in particolare chi si recava in pellegrinaggio a
Loreto si faceva incidere in blu dai cosiddetti “Frati marcatori”
simboli come il pesce, la croce, la Madonna o la Santa Casa. Ma
accanto a questi segni positivi c'erano anche i marchi d'infamia: chi
ha letto “I tre moschettieri” di Alexandre Dumas ricorderà che
la perfida Milady aveva tatuato a fuoco sulle belle spalle il giglio
di Francia (fleur de lys); sempre in Francia fu elaborato un sistema
di marchiatura per i ladri (V, voleur), i mendicanti e i galeotti
(rispettivamente M e Gal). Anche in Russia prima della rivoluzione
d'ottobre i criminali avevano tatuata sulla fronte o sulle guance
l'iniziale del loro misfatto, e la stessa sorte era riservata ai
disertori in Inghilterra.
Nel XVIII secolo il capitano James
Cook, che a bordo della nave HMS Endeavour esplorò per conto di Sua
Maestà Britannica l'oceano Pacifico, trascrisse per la prima volta
nei suoi diari di bordo la parola “Tattow” derivata
dall'onomatopeico “tau-tau” che ricordava il rumore del
martelletto che picchiava sulla punta che serviva a bucare la pelle.
Non contento Cook si portò dalle isole Marchesi un capotribù
completamente tatuato, cui seguirono altri polinesiani esposti nei
circhi alla stregua della donna cannone, introducendo una nuova moda
che fece impazzire dapprima l'aristocrazia europea, per poi
soggiogare i viaggiatori e in particolare i marinai che consideravano
quei disegni simbolici un portafortuna contro ogni pericolo. Tra la
fine del Diciannovesimo e l'inizio del Ventesimo secolo ci poteva
guadagnare da vivere grazie alla propria pelle presentandosi al
pubblico pagante con un nome esotico (Dyta Salomé, Creola, Don
Manuelo, La bella Irène, ecc.) e il corpo interamente inciso e
colorato.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlhQ1vP1t2Vv_13bu9L0x660DzPYXXcm5VBGH2vGtwLNGr0c-qTLxgL2llQrWHZuRv61BcRzaCHLXweYNzTgKVSozR_q0GPWy3YVuaAbwaGUfYDa830kJ9h1AimIw28_BswftzGoNsNOU/s320/5_Artista+circense+tatuata%252C+1910.jpg)
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