![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUknYfcLHggux-Xln0QyKe80q9SFGL1tYzTgLCp2Zco0-oczFsZ7EuzCGDeWOoKAO4ArX4yI4XS1OEACDxN4-qzORB_SCGzbq8Pp7k6VQv9nJpSCUhTwP90oEbHXldglCmblDFpM4zoUc/s400/foglia+di+fico3.jpg)
La
storia della censura è antica e ovviamente non riguarda solo l'arte,
ma più in generale il libero pensiero. Un esempio famoso è quello
di Socrate, accusato da un tal Meleto di guastare lo spirito dei
giovani e per questo condannato a morire bevendo una tazza di cicuta.
Il filosofo in realtà applicava il principio scolpito sul tempio di
Apollo a Delfi: “gnothi sautòn”, “conosci te stesso”,
invitando a guardarsi dentro, a non accontentarsi, a perfezionarsi e
non seguire gli stereotipi. Sempre in Grecia le autorità spartane
proibirono alcune forme di musica, danza e poesia considerandole
licenziose. Anche la Bibbia registra uno dei primi casi, quello del
profeta Geremia, perseguitato e censurato da re Joachim. In generale
però il pensiero antico fu abbastanza tollerante, specie per quello
che riguarda l'esposizione del nudo: a Roma i Censori furono una
carica pubblica cui spettava registrare i cittadini romani e le loro
proprietà. Il più famoso fu Marco Porcio Catone, un vero
rompiscatole di rigidissimi costumi che imponeva anche a tutta la
famiglia; in particolare si oppose alla diffusione della cultura
ellenistica che secondo lui rischiava di distruggere la sobrietà dei
romani. Tuttavia i romani erano estremamente tolleranti in materia
religiosa e – a parte l'intransigenza nei riguardi del culto
dell'imperatore che causò non pochi guai ai cristiani –
ammettevano qualsiasi credo e addirittura costruirono un tempio, il
Pantheon, dedicato a tutte le divinità.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC2PnjG81-byLiRJaOt1NgeasKnTh2MQvpY4D8UwFY69u_ZcVSa8HnKvOZ7S191qUptU-_i9YKobGfMLMEGEuiFcjemalZRCpnyJwaAUW82ENAR-70TLEXTYjFIfOr4LnVz3tp1OvmRl8/s400/Wiligelmo.jpg) |
Duomo di Modena. Creazione e cacciata di Adamo ed Eva |
Per
quanto riguarda il cristianesimo dobbiamo ringraziare la Chiesa
cattolica che ha permesso l'utilizzo e la diffusione delle immagini.
L'ebraismo le vieta basandosi sulle leggi che Dio rivelò a Mosè sul
Sinai: “Non fabbricarti nessun idolo e non farti nessuna immagine
di quello che è in cielo, sulla terra, nelle acque o sotto terra”
(Esodo, 20,3-5); in seguito - nell'impero bizantino dell'VIII secolo
- si sviluppò un movimento politico e religioso, l'iconoclastia, che
riteneva che la venerazione delle icone fosse una forma di idolatria.
Per risolvere la spinosa questione fu indetto nel 787 il secondo
concilio di Nicea che per nostra fortuna arrivò alla conclusione
che: “le venerande e sante immagini debbono essere esposte nelle
chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui paramenti, sulle pareti
e sulle tavole, nelle case e nelle vie”. L'arte figurativa
occidentale si era salvata per un pelo.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYGUhIES-CSPK8UOiqmP2pN82j_8hWHSSaKUWtTHGo83EEYET2Od8lDJXWcjEIUGL3wKELyHsmuBvTxcTncXu6ltuKPY0AXCT5lLrEpCM5TW-UpqddWBzCTuRiI2u5Nrol3iSjCqDG_VY/s320/Verbania.+Madonna+di+Campagna+%252813%2529.jpg) |
Madonna del latte. Verbania |
Nel
Medioevo la fine dell'arte pagana segnò anche quella
dell'esposizione di nudi causando la distruzione di molte sculture
antiche. Per parecchi secoli le immagini ebbero solo un carattere
devozionale anche nell'uso privato: in particolare fu perseguitata la
figura femminile e le dee greco-romane scomparvero per essere
sostitute da Madonne e sante pudiche completamente infagottate in
abiti che ne nascondevano le forme. Anche nelle rappresentazioni di
Adamo ed Eva i genitali furono semplicemente piallati o al massimo
coperti con foglie di lattuga o di fico, e l'identità sessuale fu sottolineata dalla presenza appena accennata del seno e dei capelli
lunghi o della barba. Per ricordarci la bestialità umana Giotto
reintrodusse il nudo tra i dannati del Giudizio universale nella
cappella degli Scrovegni, seguito da altri artisti che fecero del
soggetto un campionario di erotismo sadomaso. Dopo il Duecento
comparve l'iconografia della Madonna del latte con il bambino
attaccato a una mammella; il soggetto ebbe fortuna e fu affrontato
anche nel Rinascimento da grandi artisti come Leonardo, Raffaello o
Guido Reni, ma fu censurato durante la Controriforma dal cardinale
Federico Borromeo che nel suo “De pictura sacra” fece notare che
la gola e il seno esposto della Vergine andavano mostrati con molta
cautela perché distraevano i fedeli.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5YfBhh-tyWy8hYZt932oMrMi9awtQyDOCcMmWCgC0Jpj7GkVCqWevOUUVZzCQO1k8a6sy_D7ZR_leyf3V-AoYfhinHFBVPB9feHxDGjDBbfIazHOr1l0TfHcsyN5fHb1klOMsA9V9Ibw/s400/Sandro+Botticelli.+Venere.jpg) |
Sandro Botticelli. Venere |
Un
famoso caso di censura nel Rinascimento è il Falò delle vanità
voluto nel 1497 a Firenze da Girolamo Savonarola: davanti a Palazzo
Vecchio andò a fuoco una catasta altissima di migliaia di oggetti,
che – oltre ai libri e ai dipinti “immorali” – comprendevano
strumenti musicali, canzonieri, abiti e ornamenti di lusso, profumi e
cosmetici. Oltre al frate assistevano allo spettacolo anche artisti convertiti
al rigore e alla penitenza come Sandro Botticelli, che aveva esaltato
il nudo femminile con la sua “Nascita di Venere”, ma che ora
guardava senza rammarico incenerirsi i suoi quadri e che si sarebbe
da allora in poi occupato solo di opere sacre. Col Cinquecento le
arti figurative diventarono uno dei campi di battaglia nello scontro
tra protestanti e cattolici. Dalla cittadina di Wittenberg, dove
Martin Lutero aveva esposto le sue tesi riformiste, fino a
Norimberga, Zurigo e Strasburgo, partì una violenta campagna di
distruzione delle immagini sacre - considerate impure perché
inducevano alla venerazione pagana dei santi - e che in taluni casi
fu fermata dallo stesso Lutero per impedire la sparizione delle opere
del grande Albrecht Dűrer. Il Concilio di Trento nelle sue ultime
sedute ribadì la funzione didattica dell'arte, considerata una sorta
di “Biblia pauperum”, una Bibbia dei poveri che doveva spiegare
agli incolti le verità della fede. Da allora in poi nelle zone
protestanti d'Europa pittura e scultura furono limitate alla sfera
del privato, mentre in area cattolica si cercò di orientare gli
artisti a suscitare nei fedeli sentimenti di pietà e devozione,
scoraggiando invece la passione per l'antico che era stata una
caratteristica del primo Rinascimento. A questo proposito il
cardinale bolognese Gabriele Paleotti scrisse verso la fine del
Cinquecento un “Discorso”, rimasto incompiuto, sulle immagini
sacre e profane in cui si richiamano parroci, artisti e committenza
nobiliare a non usare pubblicamente o privatamente figure o
situazioni che non fossero strettamente attinenti alle sacre
scritture.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLqPAy0uQLpLPpXT7pd3Jgt26vhVd1tnfeqeMwi4A3eOLs8zSr4Xee6ZvcjubHDv3nJOMnUa25vQIsnuKUN9R_er0b-5TDBzxpqyWhJ__18Q2Muwuo_ouDMl-_WCbWi8r4f7EoriJYLzM/s400/Masaccio-TheExpulsionOfAdamAndEveFromEden-Restoration.jpg) |
Masaccio, la cacciata prima e dopo il restauro |
In
questa atmosfera si inseriscono due famosi episodi di censura: il
Giudizio universale di Michelangelo accusato a causa dei suoi nudi di
mancanza di decoro, di oscenità e di tradimento della verità
evangelica, e l'Ultima cena di Paolo Veronese, entrambi a rischio di
eresia. L'affresco del Buonarroti fu quindi dotato di pannicelli (e il pittore che se ne occupò, Daniele da Volterra, ebbe da allora il soprannome di "braghettone"), mentre il Veronese dovette correggere una figura e cambiare titolo al quadro, che diventò "Il convito in casa di Levi". In seguito raschiature,
tunichette, foglie di fico, furono tenacemente applicate ai nudi
antichi: ad esempio nelle statue delle collezioni vaticane, nella
cappella Bracacci di Firenze - dove Adamo ed Eva di Masaccio e
Masolino da Panicale hanno portato fino al 1988 una graziosa
sottanina di foglie verdi, mentre una splendida statua di Cristo
portacroce di Michelangelo (nudo come la Madonna l'aveva fatto) fu corretta con un panneggio strategico attorcigliato sull'inguine a coprire le cosiddette vergogne. Altri artisti
famosi hanno dovuto subire critiche, revisioni e rifiuti: Gian
Lorenzo Bernini scolpiva la carne come se fosse stata vera palpitante
e quando terminò il suo sensuale gruppo “Apollo e Dafne” fu
costretto ad apporre ai piedi un distico moraleggiante che tradotto
dal latino fa: “ Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace
riempie la mano di fronde e bacche amare”. In quanto a Caravaggio
le peripezie delle sue opere sono note: dalla Madonna dei
Palafrenieri, rifiutata anche a causa di una sant'Anna vecchia e
rugosa e da Maria “ritratta vilmente” (con riferimento alla
provocante scollatura) alla notissima “Morte della Vergine”, che
non rispettava l'iconografia classica dal momento che aveva il viso
terreo, il ventre gonfio e i piedi nudi; all'epoca si pensò che
l'artista si fosse servito come modella di una prostituta annegata
nel Tevere.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZBPjQyLPdb1AMy78nLeoZPY1vEwTY5HohqOS8bGTa0CJuHLZwJeLBCFM0oixfv73IZSRbCUNJSlsV3iSMSdpYy9kAYrUsLxdVFpRRkOQIrDGnWzghw0DTW2oZX28yV8Yg2T2lkC5KgAI/s400/Caravaggio.+Madonna+dei+palafrenieri.jpg) |
Caravaggio. Madonna dei palafrenieri |
Si
potrebbe scrivere un'enciclopedia sull'argomento “censura”. In
Europa non ci fu stato che non l'applicò fino alla Rivoluzione
francese che invece l'abolì del tutto, anche se col diminuire del
potere della Chiesa e la laicizzazione dei costumi le critiche
partirono dalla potente e bigotta classe borghese. Nel 1865 ne fu
colpito Manet che espose al Salon di Parigi Olympia, una donna nuda
con la mano sul ventre adagiata su un letto, una citazione della
Venere di Urbino di Tiziano. Intendiamoci, la rappresentazione del
corpo femminile era diffusissima, ma in qualche modo mascherata in un
contesto mitologico (ad esempio Venere che sorge dalle acque) e
serviva a sollecitare il voyeurismo degli spettatori maschi: lo
scandalo di Olympia stava nel fatto che si sapeva che la modella era
una prostituta presentata senza infingimenti e ipocrisie di alcun
tipo. Un anno dopo Gustave Courbet avrebbe dipinto “L'origine del
mondo”, ossia la potente raffigurazione di una vagina; l'opera, ora
esposta al Museo d'Orsay di Parigi, era stata commissionata da un
diplomatico turco, Khalil-Bey, per la sua personale collezione di
quadri erotici, che la teneva nascosta in bagno sotto un pudico telo
verde, colore dell'Islam. Il quadro, tranquillamente rintracciabile
su Google, è tuttora oggetto di una causa giudiziaria tra un docente
francese che l'aveva pubblicato su Facebook e si era visto bloccare
il profilo. L'insegnante ha accusato il network (che peraltro
pubblica tranquillamente frasi offensive e volgari, causa a volte di
suicidi) di non saper distinguere tra arte e pornografia. La sentenza
non è stata soddisfacente per l'uomo che non ha ottenuto i 20.000
euro chiesti per il rimborso, ma solo la riammissione dell'opera sul
sito, e che è intenzionato a continuare la sua battaglia.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivrb9Nth72nEafU5FwAEUX10ns02DeRZ5G3Vn9TofD7eGYyXnGg-HqVEdOlGvnViyEtKIlbw1LpJuD_aAL_3So9-1O2q-0LKoK-0CaFny6Xa-wpW7uqvhS-YOQmmUuybszPgaAwsuzpTk/s320/Gustave-Courbet-Lorigine-du-monde.jpg) |
Gustave Courbet, L'origine du monde |
Nel
Novecento, secolo di tirannie spietate, la censura ha continuato a
colpire, anche se in modo diversamente mirato, tramite fascismo e
nazismo: Mussolini volle che le arti visive diventassero aree di
propaganda, mentre Hitler – che si credeva un artista ma che fu
bocciato all'accademia di Vienna – ce l'aveva con la cosiddetta
“arte degenerata” delle Avanguardie, oggetto di una mostra che –
ironia della sorte – ebbe uno straordinario successo di pubblico.
La mania di mettere mutande e reggipetti è continuata nel nuovo
Millennio: quando Berlusconi andò al potere scelse come sfondo della
sala stampa di palazzo Chigi un quadro del Tiepolo, “La verità
svelata dal tempo”. Qualche solerte e anonimo graphic designer ne
ritoccò ombelico e capezzoli, che sparirono. Ne seguì una bagarre
mediatica tra cui spicca un commento di Mediaset: “Se il presidente
comincia a coprire le tette, che fine farà il palinsesto di tutta la
rete?” Ora la parete in questione è coperta da un serafico colore
azzurro che certamente non farà perdere il sonno agli italiani.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIoOgISgLh8A_XS_pTZ7zrZxRoC64Xu1zyjMKtMM2k5bUQ5auqW0mWK8HxhCI_YoZVqog4hmJyOdVeOF9Ei8uRsIGhRP7K8-q0xmJke3LQheoM76XoA2rc52XdRbGNX1VrWm2mS_o5hDQ/s320/La+verit%25C3%25A0+di+Giovan+battista+Tiepolo+col+reggipetto.jpg) |
La verità di Giovan Battista Tiepolo col reggipetto |
Fonti:
Cecilia Calvi: La censura nell'arte sacra dopo il Concilio di Trento
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